giovedì 19 giugno 2014

Gatti laureati e piccioni sul mio blog...me li merito?


Meritocrazia: sistema sociale in cui la distribuzione di riconoscimenti e compensi è commisurata al valore della raccomandazione di ognuno.
Giovanni Soriano, Finché c'è vita non c'è speranza, 2010

oppure

Come merito e fortuna siano concatenati, non viene mai in mente agli stolti; se essi avessero la pietra filosofale, non l’avrebbero i saggi.
Johann Wolfgang Goethe, Faust, 1808


Meritocrazia
Vocabolario on line
meritocrazìa s. f. [dall’ingl. meritocracy, comp. del lat. meritum «merito» e -cracy «-crazia»]. – Concezione della società in base alla quale le responsabilità direttive, e spec. le cariche pubbliche, dovrebbero essere affidate ai più meritevoli, ossia a coloro che mostrano di possedere in maggior misura intelligenza e capacità naturali, oltreché di impegnarsi nello studio e nel lavoro; il termine, coniato negli Stati Uniti, è stato introdotto in Italia negli anni Settanta con riferimento a sistemi di valutazione scolastica basati sul merito (ma ritenuti tali da discriminare chi non provenga da un ambiente familiare adeguato) e alla tendenza a premiare, nel mondo del lavoro, chi si distingua per impegno e capacità nei confronti di altri, ai quali sarebbe negato in qualche modo il diritto al lavoro e a un reddito dignitoso.
Altri hanno invece usato il termine con connotazione positiva, intendendo la concezione meritocratica come una valida alternativa sia alle possibili degenerazioni dell’egualitarismo sia alla diffusione di sistemi clientelari nell’assegnazione dei posti di responsabilità.

Aggiungo: il termine "meritocrazia" fu usato la prima volta da Michael Young nel suo libro "Rise of the Meritocracy" (1958)


Io sono orgoglioso e superbo: quando faccio una cosa spesso penso di farla meglio degli altri e di dover ottenere dei vantaggi da ciò....
Da questo presupposto parte il ragionamento di stasera. Mi sono semplicemente chiesto: ma la meritocrazia non esiste proprio?

Ho cercato di approfondire un po' il discorso e cosa esce fuori? Esiste ma è una cosa brutta brutta...e invece c'è ancora qualche razzista o qualche sciocco come me che la reclama.

Incredibile.

Provo a spiegarmi. Riporto un commento al pamphlet del parlamentare laburista Michael Young sul termine “meritocrazia” e le sue implicazioni morali.
“In un articolo nei primi anni del duemila, prima di lasciarci, il buon vecchio “Old Labour member” Young, affermava che la meritocrazia che lui stesso aveva inventato era solo una parola da usare in senso dispregiativo, per criticare quella destra liberale che inventando la parabola secondo la quale il figlio dell’operaio può divenire dottore se studia, se lavora sodo, se si sottomette all’esistente, voleva risalire la china, mentre il New Labour imperversava nel deludere tutte le aspettative, aprendo alla finanziarizzazione dell’economia britannica. (…) L’esperienza ci ha detto che non è proprio vero e parlare di meritocrazia nel 2013, quando effettivamente già nel 1958, Michael Young ci diceva che l’imbroglio della meritocrazia stava nel creare l’alibi ad una classe figlia dei ricchi, dei nobili, per governare e gestire l’economia, distruggendo i sogni di coloro che per mancanza di buoni mezzi non avrebbero potuto permettersi la felicità di un voto massimo alla tesi di laurea, che non avrebbero potuto accedere ai finanziamenti per buoni studenti, che non avrebbero avuto accesso ai migliori strumenti, ai migliori libri, alle migliori opportunità. Perché tutto questo costa. Costa tanto. Sia ieri che oggi. Nel 2013, in Italia, c’è ancora chi parla di New Labour e di meritocrazia, vendendo fumo che nemmeno nei peggiori angoletti del Green Light District di Amsterdam. Spero solo che i giovani che credono in quello che fanno, non credano che i figli dei padri nobili possano essere la risposta per l’Italia. Per concludere, la meritocrazia, non è altro che una bella scusa per permettere ai conservatori di trovare un’altra scusa per mantenere il controllo”.

Insomma, dalla mia ricerca ho trovato che molti concordano nel definire una società meritocratica una distopia...per parlare come mangio: la distopia (o antiutopia, pseudo-utopia, utopia negativa o cacotopia) è una società indesiderabile sotto tutti i punti di vista. Il termine, è soprattutto utilizzato per descrivere una società fittizia (spesso ambientata in un futuro prossimo) in cui le tendenze sociali sono portate a estremi apocalittici.


In pratica: “ognuno ha quel che si merita” è un concetto completamente sbagliato che crea discriminazioni. Smettendo di fare l'ironico....il concetto è chiaro, così come l'origine del termine e il contesto storico...e lo posso capire.

Però, se potessi creare una società utopica, io la meritocrazia ce la metterei dentro.

Faccio un paio di esempi. Le quote rosa.
Le quote cosiddette "rosa" (perchè solo in Italia si chiamano così…negli altri paesi sono chiamate "quote di genere") sono delle regole o delle disposizioni interne agli statuti dei partiti, che fissano un minimo di donne o una proporzione da rispettare per entrambi i sessi nel momento in cui vengono costituite le liste elettorali.

Esempio: ho 10 posti di lavoro e ne devo riservare 5 a uomini e 5 a donne.
Domanda: ma se avessi 8 donne valide, 3 uomini “brocchi” e 2 uomini validi, dovrei comunque far lavorare 5 uomini di cui 3 “brocchi” al posto di altre 3 donne valide?

Ovviamente si
...mi pare una cosa poco furba ma prendiamola per buona...

Al contrario, se io facessi un ragionamento per merito, potrei avere 10 lavoratori validi...quindi, in questo caso, la meritocrazia aiuterebbe nella scelta: i migliori lavorano per me...e quindi la mia azienda o il mio partito lavorano meglio.
Ho detto 5 donne valide e 3 uomini “brocchi”. Ma il ragionamento vale anche con 5 uomini validi e 3 donne “brocche”. Non vorrei favorire le donne anche solo col ragionamento: siamo uguali.


Io penso che la discriminazione morale non è nella meritocrazia ma nelle nostre teste. E da lì nasce anche l'accezione negativa del termine: si parte dal presupposto che avanza chi ha i soldi...ma, utopisticamente parlando, nella mia società ideale darei le possibilità di tentare e far vedere le proprie qualità a tutti allo stesso modo...cambierei cioè anche le condizioni di base da cui partì il ragionamento di Young.

In quel senso mi piacerebbe ci fosse meritocrazia...

Spiego meglio e vediamo se son più chiaro:
"il sociologo britannico, Laurie Taylor, ha ammesso la forma negativa del concetto di meritocrazia: «the hideous thing about meritocracy» sta nel fatto che essa tende a difendere lo status quo, ovvero l’ordine precostituito delle cose, facendo in modo che le persone al potere sono e resteranno lì. Hai fatto di tutto nella vita per arrivare al “top” ma hai fallito? Banchieri, politicanti e businessman vari sono rimasti al loro posto? "

Quindi che si deve dedurre? Ovvio: sei troppo stupido per arrivare in vetta.
 
 

Anche in questo caso la meritocrazia non tiene conto delle variabili socio-culturali che impediscono, ad esempio, ad una persona povera alla nascita di avere le stesse possibilità di una benestante.

Così, già di partenza, è impossibile ritenere che tutti possiedano gli stessi strumenti. Questo è lo stesso errore che non vorrei si presentasse nella mia civiltà utopica. Parità in partenza per tutti...poi vediamo che succede!

C'è una cosa, però, che vorrei chiarire e riguarda il merito percepito.

Mi spiego con un articolo che ho trovato casualmente su internet:
“Chi è vittima del merito percepito? Tutta quella parte della popolazione che, pur professando il dogma della meritocrazia, non intuisce che la realizzazione di tale aspettativa indurrebbe alla propria stessa esclusione dalla “società dei migliori”. Perché? Perché tutti, o quasi, ci riteniamo meritevoli di qualcosa. E in virtù di questo arrogante presupposto consideriamo che sia giusto tifare in favore di una tale utopia, convinti che ne gioveremmo in prima persona”.

Traduco soprattutto per me:
è meglio che non cerco di ottenere qualcosa per meriti personali perchè probabilmente non son così bravo come dico e verrei fatto fuori...

Beh...sapete che c'è? Se davanti a me c'è qualcuno più bravo sarei contento di esser fatto fuori.

Altro punto: il merito concreto. Esempio:
ESSERE LAUREATI SIGNIFICA “MERITARE UN LAVORO”?
“A ben vedere, oltre al merito immaginario esisterebbe anche un merito tangibile, riscontrabile e misurabile nella nostra società. Ma è davvero così? Esistono criteri empirici di valutazione del merito o questo concetto rappresenta una mera astrazione culturale? (...)questo titolo di studio ha perso valore. Il motivo? Un’idea sbagliata di “status” sociale in qualche modo connesso al semplice possedere un pezzo di carta, da avere per poter contare qualcosa in una società competitiva come la nostra. Senza considerare che nel reale mondo lavorativo, un mono-laureato con 5 anni di esperienza lavorativa alle spalle risulterà avere ben più valore per un datore di lavoro, rispetto ad un tri-laureato con tanta teoria in mano e zero pratica all’attivo. Qui si apre un’altra criticità: il titolato sarà davvero più efficiente come lavoratore?”

Non voglio impantanarmi nel rispondere visto che sto cercando di laurearmi....

Ma come sempre....
...per far funzionare una società, per avere civiltà, al di là di distopie, utopie e termini tecnico-socio-filosofici, non basterebbe solo un po' di buon senso e meno egoismo e falsità??










mercoledì 4 giugno 2014

Teologia Della Liberazione





Un bravissimo Marco Paolini che parla di rugby e vita in "Diario d'Aprile"



Sport e vita...questione di mentalità...